“Ladies and gentlemen, welcome aboard”. Quante volte abbiamo sentito questa frase durante l’attesa per il decollo dell’aereo? Era questa la formula che fino a un po’ di tempo fa dava il benvenuto alle persone salite a bordo. Ora non è più così. Alcune compagnie aeree internazionali hanno deciso, infatti, di usare formule diverse e di adottare un linguaggio inclusivo.
Cosa s’intende per linguaggio inclusivo? Comunicare in maniera inclusiva vuol dire evitare discriminazioni e pregiudizi e rispettare e valorizzare l’unicità e la varietà di ciascuna persona.
“Signore e signori” addio
La prima è stata Air Canada che già nel 2019 ha abbandonato il suo “ladies and gentlemen” (ma anche “mesdames et messieurs” visto che il Canada è un Paese anche francofono) per dare il benvenuto a bordo con un semplice “salve” o “buona giornata”.
Una scelta compiuta nel 2020 anche dalla compagnia giapponese Japan Airlines che ha preferito accogliere le persone con un “buongiorno” o “buonasera” a seconda dell’orario.
Da oltreoceano, la decisione di usare parole neutre e più inclusive è arrivata poi anche in Europa. Nel 2021 il Gruppo Lufthansa ha annunciato di voler aggiornare le comunicazioni del personale di bordo (e quelle delle controllate Swiss, Austrian Airlines, Brussels ed Eurowings) eliminando i riferimenti di genere: “La diversità non è una parola vuota ma una realtà per Lufthansa. E, a partire da adesso, vogliamo esprimere questo approccio anche nel nostro linguaggio”. E, poco dopo, anche British Airways ha preso una decisione analoga “per la diversità e l’inclusione di tutte le persone a bordo”.
E in Italia? Nel nostro Paese, nonostante ITA Airways sia una compagnia “giovane”, con appena un anno di vita alle spalle, gli annunci dalla cabina di volo rimangono quelli di sempre.
Air Canada è stata la prima compagnia aerea ad abbandonare il classico messaggio di benvenuto per uno più inclusivo.
Foto: Air Canada

Linguaggio inclusivo: una definizione che sta un po’ stretta
Le decisioni delle compagnie aeree di aggiornare i loro messaggi sono un piccolo passo verso un linguaggio più neutrale e inclusivo. Anche se sull’aggettivo “inclusivo” occorre fare una riflessione. Includere vuol dire chiudere dentro, inserire, comprendere all’interno di un tutto. Ma inserire chi e dove? Includere prevede che ci sia qualcuno tagliato fuori a cui qualcun altro “concede”, non si sa bene in virtù di cosa, di entrare dentro. Non sarebbe meglio, invece, trasmettere un’idea di parità tra le parti? È questa la proposta dello scrittore e attivista Fabrizio Acanfora che suggerisce, infatti, di parlare di “convivenza delle differenze”.
Differenze di genere e linguaggio inclusivo
E parlando proprio di differenze, nel nostro Paese (ma non solo) la discussione sul linguaggio inclusivo va sempre a braccetto con quella sulla differenza di genere. In italiano il genere dei sostantivi è binario: o maschile o femminile. Non abbiamo il genere neutro che è presente in altre lingue, quindi, per convenzione, per indicare una moltitudine mista di persone si usa la forma maschile plurale (gli studenti, i lavoratori…), il cosiddetto “maschile sovraesteso”.
Ma che ne è delle donne, delle persone di cui non si conosce l’identità di genere o di quelle che non si identificano nel dualismo maschile/femminile?
Lo schwa è inclusivo?
Una soluzione – che scalda gli animi come in occasione di un acceso derby calcistico – è quella di riconoscere un terzo genere oltre al maschile e al femminile e di usare lo schwa (ǝ), un simbolo dell’alfabeto fonetico internazionale rappresentato da una “e” rovesciata. Ma se questa soluzione è inclusiva per quanto riguarda il genere, non è lo è, invece, per chi ha problemi di vista e di apprendimento ma anche chi è avanti con gli anni. Per tutte queste persone un testo che fa uso di schwa (e anche di asterisco) potrebbe essere più difficile da leggere (o da ascoltare per chi si serve di lettori di schermo per i testi online) rispetto a un testo con il maschile sovraesteso.
Come scrivere in maniera inclusiva?
Quale potrebbe essere allora una soluzione? Qualche tempo fa ho avuto il piacere di seguire una lezione della dialettologa Elisabetta Perini sull’uso “umanamente corretto” della lingua italiana. Ecco alcuni suoi suggerimenti per scrivere un testo evitando il maschile sovraesteso e lo schwa:
- Usare entrambe le formule: “Buongiorno a tutti e a tutte”
- Utilizzare sostantivi privi di riferimento al genere: “persona”, “individuo”
- Ricorrere a nomi collettivi: “utenza”, “corpo docenti”
- Fare uso di pronomi relativi e indefiniti: “chi”, “chiunque”
- Servirsi di forme impersonali: “si deve” o “si fa” seguiti dall’azione da compiere
Anche senza ricorrere ad asterischi, trattini e schwa, questi piccoli accorgimenti possono aiutarci a comunicare in maniera non discriminatoria, valorizzando l’unicità e la varietà delle persone. E prestare attenzione alle parole che usiamo può portarci a superare stereotipi e pregiudizi e ad essere parte attiva nei cambiamenti della nostra società.
